nella stagione della protesta
legittima e comprensibile che si manifesta in molteplici espressioni, capaci di
occupare la scena e catturare l’attenzione dei media, sento il dovere di far
sentire la nostra voce che, pur avendo un timbro propositivo, è spesso
inascoltata, nonostante rappresenti una platea ben più vasta di quella dei
movimentisti dell’ultima ora.
Nel nostro Paese si passa con eccessiva disinvoltura dallo scandalo dei
“forchettoni“ (penso alla vergognosa greppia dei rimborsi regionali) al fenomeno
dei “forconi” portatori di istanze in parte condivisibili e di sentimenti
diffusi di indignazione.
Nel
contempo, i soggetti che ogni giorno provano a elaborare un progetto per il
Paese e per le sue imprese si vedono penalizzati e persino umiliati da una
politica disattenta e spesso sorda, con il risultato che diventiamo anche noi
bersaglio di una lamentazione crescente e rischiamo di perdere la nostra
credibilità.
Ne deriva un
senso di frustrazione accentuato dal rito dei riconoscimenti verbali al ruolo
delle PMI, ai quali non corrispondono provvedimenti concreti ed efficaci di
Governo e Parlamento: per dirla in soldoni, Presidente, a volte abbiamo
l’impressione che di noi si parli bene, ma ci si occupi di altri.
Le norme “taglia” tariffe
per l’assicurazione auto offrono lo spunto per una riflessione concreta. Sono in
molti a ritenere, in queste ore, che finalmente il Governo ha avuto il coraggio
di rompere il monopolio delle grandi imprese assicurative che, con il loro
comportamento poco trasparente, vessano gli automobilisti a suon di tariffe
ingiustificate e molto più salate di quelle europee. Addentrandoci invece nel
provvedimento, si scopre che le norme limitano la libertà di scegliersi il
proprio riparatore di fiducia e di fatto consegnano migliaia di artigiani nelle
mani di quello stesso monopolista, il quale avrà la forza di dettare, a suo
tornaconto, le condizioni.
L’elenco di questa dicotomia tra il dire e il fare è purtroppo assai nutrito.
Ricordiamo i reiterati annunci sulla riduzione del prezzo dell’energia per le
famiglie e per le imprese, per poi accorgerci che il sistema premia la solita
industria decotta che lucra il sussidio di una esenzione di imposta caricata,
invece, sulle famiglie e sulle piccole imprese. Per tacere del rilancio delle
PMI e la contemporanea approvazione di norme che finanziano i grandi progetti
industriali e dell’accesso al credito contraddetto, nella realtà, da
provvedimenti che favoriscono e garantiscono le banche.
Vogliamo continuare, signor
Presidente?
Predicate che è
ora di tornare a difendere la qualità delle nostre produzioni nazionali, ma
omettete di adottatore il principio, conosciuto anche dai cinesi, diretto a
garantire il consumatore attraverso la tracciabilità obbligatoria dei
prodotti.
Non ci siamo mai
tirati indietro nel fare proposte e se ora ho deciso di scriverLe è per
garantire che non smetteremo di lottare per lo sviluppo e la crescita delle
imprese artigiane e delle Pmi del nostro Paese, ma anche che il “resistere,
resistere, resistere” pronunciato in altri tempi e contesti, ha un limite: o
meglio ha il limite della pazienza degli uomini.
Giorgio Merletti, Presidente
di Confartigianato
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