Benvenuti nel nostro blog, siamo impegnati al fianco delle imprese per affrontare le tante problematiche insieme.

mercoledì 31 ottobre 2012

ENERGIE RINNOVABILI soddisfazione per le semplificazioni amministrative messe in campo dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas



“L’Autorità per l’energia elettrica e il gas ha iniziato un percorso di riduzione degli oneri amministrativi per le imprese, quanto mai indispensabile, soprattutto in una fase di perdurante difficoltà economica del tessuto produttivo”.
Il Presidente di Confartigianato Giorgio Guerrini esprime apprezzamento per i contenuti della delibera dell’AEEG 443/2012/A che recepisce le esigenze delle piccole e medie imprese e contiene concrete soluzioni per risolvere alcune criticità.
A preoccupare Confartigianato era l’eccessivo appesantimento burocratico sui piccoli operatori, soprattutto nel settore delle energie rinnovabili, tenuti a comunicare informazioni già disponibili in altre banche dati, oltre ad un’incertezza e farraginosità normativa riguardante la contribuzione dovuta dalle imprese.
  Con la delibera odierna i piccoli produttori saranno esonerati dagli obblighi informativi - introdotti con delibera GOP 35/08 - e dagli oneri di comunicazione derivanti dal versamento del contributo introdotti con la delibera 143/07.
Nessuna iscrizione, quindi, alla anagrafica e nessun obbligo di dichiarazione on line attestante le informazioni relative al versamento, per i piccoli produttori di energia elettrica e gas con potenza complessiva inferiore ai 100 kW.
“Auspico – ha detto Guerrini - che questa delibera sia solo una prima tappa e che a breve si possano registrare analoghi passi, ad esempio in tema di contabilità separata, nella direzione della semplificazione e della riduzione degli oneri amministrativi non necessari gravanti sulle imprese di piccole dimensioni. La sensibilità dimostrata dal Collegio dell’AEEG ci fa ben sperare”.

Roma, 31 ottobre 2012


venerdì 26 ottobre 2012

Il Presidente Guerrini : “Grave la bocciatura Ue della tutela dell’origine dei prodotti. Questa è l’Europa rinunciataria e passiva che non vogliamo. L’origine dei prodotti influenza gli acquisti di 129 milioni di consumatori europei”



“Questa – sottolinea Guerrini - è l'Europa che non vogliamo, quella rinunciataria e passiva, quella che non sceglie mai, quella che si piega agli interessi di pochi provocando danni a tanti. Noi siamo per una chiara e inequivoca identificazione dell'origine dei prodotti e delle lavorazioni, perché il mondo cerca il Made in Italy e i consumatori sono disposti a pagare un premium price pur di avere un prodotto fatto in Italia, a regola d'arte”.
E’ negativo il commento del Presidente di Confartigianato Giorgio Guerrini sulla bocciatura del regolamento sul ‘made in’ da parte della Commissione europea.
“Dobbiamo purtroppo constatare – sottolinea Guerrini –  che l’Ue non intende valorizzare il proprio patrimonio di impresa diffusa. Con questa decisione l’Europa rimane l’unico continente che non prevede alcuna tutela per l’origine delle proprie merci. Chiediamo ai parlamentari europei italiani di schierarsi senza equivoci a difesa dei produttori italiani e al vice Presidente della Commissione Europea di assumere iniziative in questa direzione. Sollecitiamo altresì un intervento del Governo italiano per stigmatizzare la decisione dell’Unione Europea. La globalizzazione non si può scambiare per invasione univoca da fuori a dentro l'Europa”.
Secondo Guerrini “conoscere l’origine dei prodotti è fondamentale per i consumatori italiani ed europei, al fine di tutelare il loro diritto alla corretta informazione su ciò che acquistano. Del resto più informazione e maggiore trasparenza significa rilancio dei consumi”. A questo proposito, Guerrini cita i risultati di una ricerca dell’Ufficio studi di Confartigianato condotta su dati Eurobarometro e dalla quale risulta che 1 cittadino europeo su 3, vale a dire 129 milioni di persone, sceglie cosa acquistare sulla base dell’origine dei prodotti riportati in etichetta. In Italia l’attenzione all’origine dei prodotti riguarda 25 milioni di persone”.
Roma, 26 ottobre 2012

lunedì 22 ottobre 2012

Tg Confartigianato del 22/10/2012

Sicurezza e formazione: accordo Questura-Confartigianato




E’ stato siglato presso la Questura di Brindisi un accordo di collaborazione tra il questore dott. Alfonso Terribile e il presidente della sezione provinciale della Confartigianato di Brindisi Antonio Ignone e il direttore provinciale Antonio Solidoro. Sin dal mese di febbraio 2012, grazie alla disponibilità accordata in sede locale dalla Confartigianato, la Questura ha intrapreso una proficua collaborazione sulla sensibile e attualissima tematica della sicurezza sul lavoro, secondo quanto disciplinato dal decreto legislativo 9 aprile 2008 numero 81. In particolare l'ente si è reso disponibile per portare avanti, titolo gratuito, un dettagliato programma di formazione delle varie figure istituzionali previste dalla normativa vigente, attraverso l'organizzazione, direttamente in Questura, di cicli di formazione e informazione, tenuti da qualificati referenti tecnici della Confartigianato coordinati dal responsabile dell'area tecnica Cosimo Damiano Carlucci.

Tale programma formativo, che è stato esteso dalla Questura di brindisi a tutte le compagini della polizia di Stato della provincia, prevede il rilascio al termine di tali sezioni informative degli attestati di frequenza. Al fine di dare un'idea più precisa dei brillanti risultati raggiunti, grazie alla collaborazione con la Confartigianato, ecco i dati relativi al personale formato: formazione base materia di sicurezza sul lavoro, rivolta tutto il personale dipendente: oltre 350; formazione dei preposti: 22 dipendenti; formazione degli addetti alle squadre antincendio: 37 dipendenti; aggiornamento degli addetti alle squadre antincendio (già formati in passato):  sono stati aggiornati 24 dipendenti.

Il sostegno offerto dalla Confartigianato di Brindisi alla Questura sulla specifica materia comporterà un cammino comune anche per il futuro, attraverso la calendarizzazione di ulteriori incontri e cicli formativi, nella reciproca consapevolezza della rilevanza che oggi più che mai deve avere l'acquisizione, da parte dei lavoratori dipendenti, della cultura della sicurezza negli ambienti di lavoro.
(19 ottobre 2012)

venerdì 19 ottobre 2012

Italia peggiore nell’Ue per donne inattive: 48,5%. Record negativo in Campania: occupato solo il 20,4% delle donne. Ma primato positivo in Ue per imprese ‘rosa’: 1.565.400 Il welfare non aiuta il lavoro femminile: spesa pubblica per famiglia solo 4,6% del totale



In Italia la partecipazione femminile al mercato del lavoro rimane tra le più basse d’Europa. Il tasso di inattività delle donne nel nostro Paese è del 48,5%, a fronte della media Ue del 35,1%. Peggio di noi fa soltanto Malta con un tasso del 55,9%.
Il dato emerge dall’Osservatorio sull’imprenditoria femminile curato dall’Ufficio studi di Confartigianato e presentato alla 14° Convention di Donne Impresa Confartigianato organizzata ieri e oggi a Roma.
Per l’occupazione femminile le cose peggiorano, e di molto, nelle regioni del Mezzogiorno dove, in media, lavora una donna su quattro: la Campania fa registrare il record per il più basso tasso di occupazione femminile, 20,4%, uguale a quello del Pakistan e di poco superiore a quello del Libano, dello Yemen e della Mauritania. Seguono la Sicilia, con un tasso di occupazione femminile del 22,1%, la Puglia (22,7%), la Calabria con il 23,3%.
Sul versante opposto della classifica vi è la Provincia Autonoma di Bolzano, il territorio italiano con il tasso di occupazione femminile più alto, pari al 63%, al secondo posto l’Emilia-Romagna con il 60,9% e terza nella classifica delle regioni più virtuose la Valle d’Aosta con il 60,8%.
A livello provinciale la maglia nera va a Napoli, dove il tasso di inattività delle donne è del 72%. Seguono Caserta con il 70,7% e Foggia (70,4%). Ravenna, invece, conquista il primato positivo della provincia con la più bassa percentuale di donne inattive: 30,8%. Seguono Bologna con il 32,1% e Ferrara con  il 33,1%.
A tenere distanti le donne dal mondo del lavoro vi è soprattutto il basso investimento in quei servizi di welfare che dovrebbero favorire la conciliazione tra attività professionali e cura della famiglia.
Anche in questo caso il nostro Paese è nelle posizioni peggiori della classifica europea.
Secondo l’Ufficio studi di Confartigianato, la spesa pubblica per la famiglia è stata nel 2011 pari a 20,7 miliardi, pari al 4,6% dei 449,9 miliardi di spesa totale per la protezione sociale. Nel periodo 2007-2011 la spesa per la famiglia è la componente delle prestazioni di welfare che è cresciuta meno: l’incremento è stato di 1,3 miliardi, pari al + 6,9%, vale a dire la metà rispetto all’aumento della spesa complessiva per il welfare in Italia.
Pur in un contesto così problematico per il lavoro femminile, l’Italia mantiene però la leadership in Europa per il maggior numero di imprenditrici e lavoratrici autonome: 1.565.400, pari al 16,4 delle donne occupate nel nostro Paese, rispetto alla media europea del 10,3%. In particolare le imprenditrici artigiane sono 367.895.

martedì 16 ottobre 2012

Il 49,5% delle imprese finisce ko entro i 5 anni di vita Ma, nonostante crisi e ostacoli, Italia è ‘patria’ mondiale dell’imprenditoria: 6,6 aziende ogni 100 abitanti Artigianato protagonista nei territori italiani



Il 49,5 per cento delle imprese italiane getta la spugna entro i 5 anni di vita, sconfitte da un ambiente troppo spesso ostile all’iniziativa economica.
Ma quel 50,5% di aziende che resistono a 5 anni dalla nascita vanno ad irrobustire un tessuto imprenditoriale che, nonostante la crisi, è tra i più vivaci del mondo. Confartigianato ha rilevato che, con 6,6 imprese ogni 100 abitanti, l’Italia è in testa alla classifica dei Paesi ad economia avanzata con il più alto tasso di imprenditorialità. Al secondo posto vi è la Francia con 4,1 imprese ogni 100 abitanti, seguita dal Regno Unito con 2,8 aziende per 100 abitanti.
Se l’Italia è la ‘capitale’ mondiale dell’imprenditoria lo deve all’artigianato che, con 1.448.867 aziende, spicca per la capillare presenza sul territorio italiano.
Secondo la rilevazione di Confartigianato, le ‘piccole patrie’ dell’artigianato sono diffuse ovunque in Italia, ma le imprese trovano un terreno particolarmente fertile a Prato, Fermo, Reggio Emilia, le tre province con il più alto tasso di imprenditorialità artigiana. A Prato operano 10.770 artigiani, pari a 4,3 imprese ogni 100 abitanti. A brevissima distanza segue Fermo, con 7.383 aziende artigiane (4,1 ogni cento abitanti), mentre a Reggio Emilia, che conta 20.812 imprenditori artigiani, il rapporto con la popolazione è di 3,9 imprese ogni 100 abitanti.
Ma la ‘vocazione’ artigiana dell’Italia si fa ancora più forte in alcuni Comuni: in testa alla classifica vi è Piode (in provincia di Vercelli) dove il rapporto artigiani-popolazione è pari a 9,2 imprese ogni 100 abitanti. Tra i comuni più grandi con almeno 5.000 abitanti è Montemurlo (in provincia di Prato) a detenere la palma del comune più artigiano d’Italia, con le sue 1.223 imprese (6,6 ogni 100 abitanti). Lo segue Cingoli (in provincia di Macerata) con  6 aziende per 100 abitanti e Monte Urano (Fermo) con 5,8 aziende artigiane ogni 100 abitanti.
All’artigianato e alle piccole imprese si deve la tenuta occupazionale anche nella fase più acuta della crisi: tra il 2007 e il 2010 le micro imprese con meno di 9 addetti hanno fatto registrare un aumento dell’1,2% degli occupati a fronte di un calo dell’1,5% degli addetti del totale delle imprese.
“Siamo un popolo di imprenditori – sottolinea il Presidente di Confartigianato Giorgio Guerrini – e lo dimostriamo a dispetto della crisi e dei tanti ostacoli che spengono le iniziative imprenditoriali. Questa propensione va sostenuta sia nella fase di avvio dell’impresa, sia soprattutto durante la vita dell’azienda. Non basta puntare sulle start up innovative se poi in Italia continuano a non esserci le condizioni favorevoli perché le imprese possano svilupparsi e generare occupazione. Per offrire un futuro alle giovani generazioni occorre sicuramente facilitare la creazione d’impresa, ma è anche indispensabile dare segnali concreti alle imprese già esistenti e assicurare la continuità e la solidità del nostro tessuto produttivo”.

mercoledì 10 ottobre 2012

“Per rilanciare competitività urge recepire direttiva su ritardi pagamento”




“Le imprese faranno la loro parte per aumentare la produttività del lavoro. Ma il Governo deve impegnarsi su altri fattori di competitività per il Paese. A cominciare dal recepimento in Italia della direttiva europea che fissa a 30/60 giorni i tempi di pagamento nelle transazioni commerciali tra Stato, privati e imprese”.
E’ quanto sottolineato da Giorgio Guerrini, presidente di Rete Imprese Italia durante l’incontro tra Governo e parti sociali sulla legge di stabilità svoltosi oggi a Palazzo Chigi.
“Il recepimento della direttiva sui tempi di pagamento – sostiene Guerrini – è di urgenza strategica per gli imprenditori perché quello dei ritardi di pagamento è uno dei problemi più gravi che stanno all’origine della mancanza di liquidità e costringe alla chiusura molte imprese”.
“Oggi in Italia – ricorda Guerrini - i tempi medi di pagamento della Pa e dei privati nei confronti delle piccole imprese sono di 137 giorni e nell’ultimo anno sono aumentati di 44 giorni. Nel nostro Paese i tempi medi di pagamenti sono il doppio della media UE per i pagamenti tra privati e il triplo della media europea nei pagamenti della Pubblica Amministrazione. Ma numerosi imprenditori devono attendere addirittura anni per essere pagati”.
Roma, 9 ottobre 2012

venerdì 5 ottobre 2012

Rete Imprese Italia: “Buone intenzioni, ma poche misure per la maggioranza delle imprese italiane”




“Apprezziamo la buona volontà del Governo, ma il decreto sviluppo non risponde alle attese degli imprenditori che ogni giorno si battono per resistere alla crisi. Per rimettere in moto la crescita del Paese serve ben altro”.
E’ il commento espresso dal Presidente di Rete Imprese Italia, Giorgio Guerrini, sui provvedimenti varati dal Governo.
“Non basta – sottolinea Guerrini - puntare sulle start up innovative, peraltro con un approccio molto distante dalla realtà imprenditoriale italiana, se poi in Italia continuano a non esserci le condizioni favorevoli perché le imprese possano svilupparsi e generare occupazione. Per offrire un futuro alle giovani generazioni occorre sicuramente facilitare la creazione d’impresa, ma è anche indispensabile dare segnali concreti alle imprese già esistenti e assicurare la continuità e la solidità del nostro tessuto produttivo”.
“Siamo il Paese europeo con i maggiori ostacoli all’attività imprenditoriale. A cominciare dal macigno di adempimenti burocratici che ci costa 26 miliardi l’anno. Ma – aggiunge Guerrini - quanto ancora dovremo aspettare perché vengano rimossi se il Governo li affronta con un Disegno di legge di semplificazione destinato ad un lungo ed incerto iter parlamentare di approvazione?”.
“La situazione economica – conclude il Presidente di Rete Imprese Italia - impone scelte più nette e orientate alla realtà del tessuto produttivo italiano, composto per la quasi totalità dal sistema di impresa diffusa e da micro, piccole e medie imprese che, nonostante la crisi, mantengono vitale l’economia del nostro Paese. Ma abbiamo bisogno di un carburante potente fatto di riforme contro la burocrazia sempre più costosa, la pressione fiscale alle stelle, le inefficienze e gli sprechi della spesa pubblica, le carenze infrastrutturali”.
Roma, 4 ottobre 2012

martedì 2 ottobre 2012

In Italia salute sempre più costosa: dal 2007 rincari del 14,1% per servizi e prodotti sanitari. In Ue aumenti fermi all’8,4%. In 10 anni spesa pubblica sanitaria aumentata del 64,1%




In Italia, più che nel resto d’Europa, ammalarsi è molto costoso: per i nostri connazionali, tra luglio 2007 e luglio 2012, i prezzi dei servizi e prodotti sanitari sono cresciuti del 14,1%, vale a dire 5,7 punti in più rispetto all’aumento dell’8,4% nell’Eurozona.
Lo rileva un rapporto di Confartigianato presentato nell’ambito del Festival della Persona, organizzato ad Arezzo dal 27 al 29 settembre.
Secondo Confartigianato, a far registrare i maggiori rincari sono stati medicinali, prodotti farmaceutici, attrezzature e apparecchiature medicali i cui prezzi sono saliti, tra il 2007 e il 2012, del 13,6%, ad un ritmo quasi triplo rispetto al 5,0% dell'Eurozona, quindi con un differenziale che arriva a 8,6 punti.
Molto elevata la differenza Italia-Ue anche per i servizi ambulatoriali i cui prezzi in Italia salgono del 18,0%, vale a dire 7,6 punti in più rispetto al 10,4% rilevato in Eurozona.
Ma un balzo ancora più gigantesco riguarda la spesa pubblica per la sanità: tra il 2000 e il 2011 è cresciuta del 64,1%, con un ritmo doppio rispetto dell’aumento del 31,9% registrato dal PIL. Nel 2012, la spesa pubblica sanitaria ha raggiunto la somma di 114,5 miliardi, pari al 7,2% del Pil e al 14,2% della spesa pubblica complessiva.
Nel 2011 la spesa sanitaria pro capite in Italia ammonta a 1.851 euro per abitante. La più elevata si riscontra a Bolzano con 2.256 euro per abitante, seguito dalla Valle d'Aosta con 2.222 euro, da Trento con 2.209 euro, dal Friuli Venezia Giulia con 2.074 euro, dal Molise con 2.057 euro e dalla Liguria con 2.044 euro. La spesa sanitaria pro capite più bassa in Calabria, con 1.704 euro per abitante.
Ma tra il 2000 e il 2011 la crescita maggiore della spesa sanitaria si riscontra a Trento con un aumento dell'87,3%. Al secondo posto il Friuli Venezia Giulia con un aumento del 75,2%, seguito dal Molise con il 75,1%, dalla Lombardia con il 72,3%, dalla Valle d’Aosta con il 70,1%, dal Lazio con il 67,1%, dall'Emilia Romagna con il 66,9% e dalla Sardegna con il 66,7%.
All'opposto dinamiche meno accentuate si registrano nelle Marche con il 54,7%, nel Piemonte con il 51,6%, in Liguria con il 51,4%, in Campania con il 50,0%, in Calabria con il 47,9% e in Abruzzo con il 43,9%.
Il rapporto di Confartigianato stila anche la classifica delle regioni con il disavanzo più vistoso nel servizio sanitario. In testa il Lazio che, tra il 2008 e il 2011, da solo cumula un disavanzo sanitario di 4.958 milioni, pari al 45,0% del totale, seguito dalla Campania con 2.337 milioni pari al 21,2%, dalla Puglia con 1.103 milioni pari al 10,0%, dalla Sardegna con 786 milioni pari al 7,1%, dalla Calabria con 632 milioni pari al 5,7% e dalla Sicilia con 592 milioni pari al 5,4%.
Sul versante opposto della classifica, 8 regioni virtuose che tra il 2008 e il 2011 hanno cumulato un avanzo: il valore più elevato in Emilia Romagna con 113 milioni, seguita da Bolzano con 65 milioni, dal Veneto con 63 milioni, dal Friuli Venezia Giulia con 59 milioni, dalle Marche con 52 milioni, dalla Lombardia con 45 milioni, dall'Umbria con 32 milioni e dal Piemonte con 28 milioni.
Il disavanzo nella sanità pubblica cumulato tra il 2008 e il 2011 incide per 182 euro per abitante. Valori di gran lunga superiori alla media nazionale si riscontrano nel Lazio dove il disavanzo sanitario nel quadriennio 2008-2011 pesa per 865 euro per abitante, seguito dal Molise con 722 euro per abitante, dalla Sardegna con 469 euro per abitante, dalla Campania con 401 euro per abitante, dalla Calabria con 314 euro per abitante, dalla Liguria con 278 euro per abitante e dalla Puglia con 270 euro per abitante. Sul versante opposto, tra le regioni virtuose l'avanzo per abitante più elevato è quello di Bolzano con 128 euro pro capite, seguito dal Friuli Venezia Giulia con 47 euro, dall'Umbria con 36 euro, dalle Marche con 33 euro, dall'Emilia Romagna con 25 euro, dal Veneto con 13 euro, dal Piemonte con 6 euro e dalla Lombardia con 4 euro.